Angelo Camillieri
«L'Africa dei grandi esploratori, l'immenso territorio di caccia e di avventura che intere generazioni di giovani amarono senza conoscere, è scomparso per sempre. A quell'Africa secolare, travolta e distrutta con la tremenda velocità del progresso, abbiamo detto addio. Le devastazioni, gli scempi, i massacri ai quali abbiamo assistito, appartengono a un'Africa nuova, a quell'Africa che seppure riemerge dalle proprie rovine più moderna, più razionale, più funzionale, più consapevole, sarà irriconoscibile. D'altronde il mondo corre verso tempi migliori. La nuova America sorge sopra le tombe di pochi bianchi, di tutti i pellirossa e sulle ossa di milioni di bisonti. La nuova Africa risorgerà lottizzata sulle tombe di qualche bianco, di milioni di negri e su quegli immensi cimiteri che una volta furono le sue riserve di caccia.» (Dal film Africa addio del 1966 diretto da Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi).
A partire dalla seconda metà del XIX secolo la colonizzazione dell'Africa da parte delle nazioni europee raggiunse il proprio apice , in questo periodo si ebbe una vera e propria spartizione dell'Africa; Francia e Gran Bretagna e, in misura minore, Germania, Portogallo, Italia, Belgio e Spagna furono i protagonisti principali.
le potenze coloniali europee si dedicarono soprattutto allo sfruttamento delle risorse naturali del continente. Nei luoghi in cui si stabilirono comunità di origine europea (l'esempio più rappresentativo è il Sudafrica), la popolazione locale fu in genere discriminata politicamente ed economicamente. Soltanto in alcuni casi la presenza europea in Africa portò a un effettivo sviluppo delle regioni occupate, per esempio attraverso la costruzione di infrastrutture. I nuovi stati africani avevano ereditato dal colonialismo anche i propri confini, disegnati da diplomatici europei che li avevano tracciati tra le loro colonie. Ciò comportava una mancanza di unità etnica e politica nei nuovi stati: spesso entro i confini di un paese erano comprese molte etnie diverse tra loro, divise da antichi odi tribali.
Ciò spinse la classe dirigente indigena, all'indomani del movimento di deconolizzazione (1950), a organizzare forme di governo fortemente autoritarie: apparvero governi a partito unico o addirittura regimi militari, dominati da figure tiranniche. Questi governi erano caratterizzati dalla cattiva applicazione delle leggi e dalla violenza usata per eliminare gli oppositori e non produssero nessun miglioramento a livello sociale o economico. Grazie all’importante appoggio delle imprese straniere (appartenenti alle ex – potenze colonizzatrici dell’Africa o anche alle due superpotenze Usa e Urss, emerse dopo la Seconda Guerra Mondiale), questi governi riuscivano a mantenersi al potere, dando in cambio il permesso di continuare a sfruttare le risorse del luogo a vantaggio delle grandi potenze economiche.
Queste foto parlano di persone di ogni età e di ogni ceto sociale che per ragioni politiche ed economiche sono costrette a lasciare il proprio Paese; ho preso in considerazione l'Africa perchè nel mio viaggio ho conosciuto principalmente giovani provenienti da questi paesi: Somalia, Gambia, Senegal, Marocco, Congo, Mali. Solo tra l'agosto 2013 e luglio 2014 sono arrivati sulle coste siciliane più di 100.000 profughi a bordo di imbarcazioni di fortuna. Ho conosciuto la maggior parte di loro nei porti di alcune città di provincia nel sud della Sicilia e nei centri di accoglienza. Qui nelle foto racconto la vita, la nuova vita, di chi ce l'ha fatta, soffermandomi sui centri di accoglienza richiedenti asilo (CARA) e sulle patriche di accoglienza disposte dall'Europa.